Daniele Papuli, Ule, Carte visionarie
Scultografie, installazioni, video
ULE è un racconto visionario attraverso la carta, l’acqua e l’inchiostro. Duecentottantacinque metri di carta leggera uso scontrino che l’artista Daniele Papuli ci fa guardare come la pellicola di un film. Un progetto che risale al 2009 con l’inchiostratura di 19 bobine ora selezionate e raccolte in sette titoli: ule, respiri, mondi, voli, viaggi, evanescenti, distanti.
È una visione incantata di macchie, di aloni, di neri profondi, di ramificazioni, di osmosi lente che appartengono solo alla carta, materia elettiva dell’artista da oltre un ventennio. In un gioco continuo di pareidolia si associano forme e sbavature a qualcosa d’altro, come fa un bambino quando guarda le nuvole.
Un grande foglio di trenta metri si srotola dall’alto e si apre alla visione. È sia schermo della proiezione che scorre lenta per venticinque minuti da destra a sinistra che palcoscenico per un gruppo scultografico di materia cartacea. Le sculture si rivelano come forme arcaiche affioranti, estrapolate dal racconto, definite “Cuti”, che nel dialetto salentino significa di concrezione dura, fatte con carte di vario tipo indurite dalla stratificazione e dalla assorbenza del colore. Si vestono perciò di sfumature, di aloni, di segni e disegni e si fanno visionarie.
ULE è un’esperienza da compiere. Il suono o meglio i suoni che accompagnano la visione sono registrazioni eseguite con ampi fogli di carta, lamelle, strisce, veline o di grammatura più pesante, stropicciate, accartocciate, strappate come fa un rumorista che combina immagine e suono, in questo caso macchia e vibrazione.
Un progetto a più mani. Quelle dell’artista che affondano nella materia e ne scova anche le sonorità, quelle di Gianni De Rosa che pizzicano, saltellano e scorrono libere sulle corde tese della sua viola e quelle di Renato Ferrero che pazienti impaginano immagini, suoni, silenzi.
Un breve video, sempre proiettato su carta, introduce il visitatore al progetto. Si raccontano il lavorio, l’idea, gli incontri e lo sviluppo armonico di ULE, che nel salentino vuol dire voglia, desiderio insoddisfatto che riappare come macchia sulla pelle, ma anche vola, al singolare, come auspicio di leggerezza.
(Foto: © Marco Albanelli - Castello Aragonese d'Ischia)